La Libertà tra i Diritti e Doveri

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Libertà di Creare e Sognare

venerdì 8 marzo 2024

Castità, la virtù della sessualità felice

@ - Quali sono i bisogni in un tempo in cui la crisi di identità che poi influisce anche nei rapporti di coppia nei giovani sembra essere un’emergenza?

Castità, la virtù della sessualità felice© Fornito da Avvenire

Ne abbiamo parlato con il sacerdote torinese don Domenico Cravero, parroco, psicoterapeuta e sociologo, consulente in sessuologia clinica, da anni promotore di scuole genitori e percorsi coniugali oltre che autore di numerosi studi sul tema. «Credo che le urgenze siano due: scoprire l’altro come diverso da me e insistere sulla bellezza della sessualità umanizzata. L’eros è esperienza individuale ma non è un fatto privato: è un incontro di persone che innanzitutto si rispettano. Nell’individualismo del nostro mondo, i costumi sessuali sono stati travolti, le parole d’amore invece sono rimaste le stesse: ci si innamora come da sempre. Nella mentalità comune, il successo erotico è riportato all’orgasmo, che però non è tutto nella sessualità e neppure costituisce il suo vertice. Fin dai suoi inizi, infatti, la sessuologia ha sempre ribadito che nella sessualità umana il vero afrodisiaco è l’amore».
Per questo secondo don Cravero l’eros è un’esperienza complicata: «Per suo mezzo si vorrebbe congiungere il corpo con lo spirito, il concreto con l’astratto, la carne con l’amore. E tra i ragazzi è palpabile il loro smisurato bisogno di tenerezza. In gran maggioranza continuano a sognare l’amore, come raccontano i testi delle musiche che ascoltano o le confidenze che si raccolgono. A motivo dell’amore, la sessualità affascina ma anche perturba. Il piacere è una dimensione chiave della sessualità ma è una produzione mentale ad alta complessità perché è indisgiungibile dalle emozioni e dai sentimenti. Le delusioni d’amore, infatti, fanno molto soffrire e senza amore si precipita nella solitudine. Come indicava la sapienza antica le cose belle sono tutte difficili e ciò che è difficile richiede virtù e coraggio. Ciò che oggi ci manca è la visione di una sessualità bella. Ci manca una virtù della sessualità felice. La tradizione cristiana condensava la sua proposta in una parola esclusiva e teoricamente chiara: la “castità” Oggi questa parola non richiama una particolare bellezza; è usata solo come sinonimo di astinenza. Pur essendo l’eco di una ricchissima ricerca e anche di coraggiose buone pratiche, non riesce più a essere intesa come la virtù della pienezza, quella che trasfigura la sessualità in intermediario dell’amore, trasforma il bisogno in desiderio e lo difende da ogni surrogato e falsificazione».

Che fare allora? «La nuova virtù, per tradurre all’oggi l’antica castità, dovrà riferirsi allo sviluppo pieno ed equilibrato delle potenzialità affettive e sessuali» suggerisce don Domenico. «Dovrà difendere l’amore dai pericoli dell’insensibilità e dell’aggressività, e orientare la sessualità alla felicità e non solo al soddisfacimento. Non si può stare però senza una virtù della bellezza erotica. A questo servono i percorsi formativi, le esperienze che gli oratori propongono ai ragazzi. La delusione amorosa, così diffusa, potrebbe essere la conseguenza di maggiori aspettative affettive per le quali non sono ancora disponibili modelli condivisi, dopo il fallimento della rivoluzione sessuale. Se non si insiste sulla virtù, la pratica educativa rischia di essere interpretata come un giogo di norme e divieti, senza possibilità di presa. Una proposta su cui sto lavorando è di intendere la castità come “mistica della carne” (F. Hadjad) facendo risplendere l’antica saggezza biblica dell’amore incarnato, il più bel dono che il cristianesimo possa offrire al nostro tempo».

Temi che don Cravero studia da anni e approfondisce nelle scuole dei genitori e nelle «costituenti educative» insistendo sul fatto che il primo modo di amare i figli è amarsi e rispettarsi come genitori. «I figli imparano l’amore dal comportamento dei loro genitori. L’amore è il primo e il più prezioso bene comune» sottolinea don Domenico. «Va quindi celebrato in luoghi pubblici (scuole e municipalità) accettando la sfida della società pluralista, aperta, democratica, per fare della sessualità un tema unitivo, non divisivo».

A partire dall’esperienza di due consultori per adolescenti che ha fondato negli anni ’90 nelle periferie di Torino don Cravero è giunto alla convinzione che «l'educazione sessuale sia un caso esemplare di educazione permanente, che inizia nella prima infanzia e dovrebbe terminare mai. Il suo obiettivo è aiutare le persone a dare significato alla loro sessualità (in qualsiasi stato o condizione esse vivano), passando attraverso i gesti e i simboli suggeriti dai loro valori, e partendo dalla conoscenza dei corpi. Ultimamente insisto sull’educazione sessuale degli adulti, cercando di individuare percorsi possibili per tutti, con un linguaggio che induca al rispetto e contribuisca a eliminare la violenza dall’amore. Che verità sarebbe quella che avesse bisogno della prepotenza per imporsi? Nella condizione adulta, si presuppone la maturità: che cioè le persone abbiano fatto tesoro di ciò che hanno imparato dalle esperienze riuscite e dai sempre possibili errori. Si previene e si contrasta la violenza di genere se s’incomincia il più precocemente possibile».

domenica 3 marzo 2024

L’IA sostituirà 3,8 milioni di posti. «Ma se regolata sprigionerà creatività»

@ - Per il Politecnico di Milano il 77% degli italiani guarda con timore all’intelligenza artificiale. Ferrando (Var Group): «Serve formazione». Soliano (InnovUp): «L’Ue bene sulle regole»


Sostengono gli ultimi dati dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano che da qui a dieci anni le macchine potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone solo in Italia. Sei grandi imprese italiane su dieci hanno già avviato qualche progetto legato all’intelligenza artificiale e lo stesso mercato dell’Ia cresce in maniera impetuosa: +52% nel 2023, per un valore di 760 milioni di euro. Molto indietro restano, per ora, le piccole e medie imprese: solo il 7% sta riflettendo su potenziali applicazioni e solo il 2% ha attivato almeno una sperimentazione. Dal punto di vista dei lavoratori, poi, ben il 77% degli italiani guarda con timore all’Ia, soprattutto in relazione ai possibili impatti sull’occupazione. In attesa che entro marzo-aprile il Parlamento Europeo si ritrovi per approvare l’AI act – la prima legge al mondo ad affrontare di questa tecnologia e che è impostata su un’architettura di rischi che introduce tra l’altro divieti specifici per i sistemi che minano salute, sicurezza e diritti fondamentali dei cittadini –, è interessante capire quale incidenza sta già avendo l’Ia nel mondo del lavoro. Posto che, come già accaduto con l’industrializzazione prima e l’avvento del terziario poi, nuove mansioni, che ora nemmeno immaginiamo, verranno comunque a crearsi.

Molti analisti sono convinti di una cosa: se ben governata, l’Ia può essere più un’opportunità che un rischio e un’occasione per gli stessi lavoratori di sottrarsi a “compiti di routine”, da lasciare alle macchine, per sprigionare creatività e capacità in altri ambiti, grazie a una formazione specifica. «Il caso del settore della cybersecurity è paradigmatico», spiega Marco Ferrando, data science della Business Unit di Var Group, tra i leader di questo settore con la società Yarix, che si è appena dotata di una piattaforma, Egyda, che grazie all’Ia permette di contrastare gli attacchi informatici abbattendo i tempi di risposta del 40%. «L’Ia aiuta nel processo analitico – aggiunge Ferrando – confrontando un’enorme quantità di dati anticipatori di una minaccia potenziale, lavoro che prima facevano gli analisti, che ora possono invece concentrarsi nella fase di maggior valore, quella qualitativa di contrasto al cybercrime».

Per Ferrando, «è molto enfatizzato il rischio della riduzione di posti di lavoro legato all’Ia». Il lavoro è costituito da un insieme di attività di tipo diverso: l’automazione impatterà sulle attività più routinarie, ripetitive e semplici. Nel servizio clienti l’automazione viene già impiegata per capire la richiesta dell’interlocutore. Questo consente poi al lavoratore di concentrarsi sulla successiva presa in carico della richiesta, quindi con una classificazione più veloce. L’impatto dell’Ia impone dunque più l’esigenza di una trasformazione del modo di pensare al lavoro: serve un modello che ci consenta di formarci. Si parla di reskilling, di trasformare le competenze delle persone. In futuro sarà la capacità cross-funzionale a distinguere l’uomo dalla macchina, la sua capacità di “unire i puntini”, ed è su questo fattore differenziante che le aziende investiranno». Nel settore manifatturiero, aggiunge ancora Ferrando, le imprese hanno già cominciato a sfruttare l’Ia «per riuscire a prevedere meglio la domanda e quindi a gestire la catena di fornitura, i tempi di resa, le dinamiche di prezzo, l’ottimizzazione della produzione, l’impatto della difettosità. Altri settori sono ancora più maturi, come i servizi bancari, assicurativi o la grande distribuzione, che già da tempo hanno la possibilità di lavorare sul dato, basti pensare a quanto viene registrato grazie alle fidelity card».

Stefano Soliano, general manager di ComoNExT e vicepresidente di InnovUp, l'associazione che rappresenta l'ecosistema italiano dell'innovazione, concorda sull’opportunità offerta dall’Ia di «sostituire l’attività ripetitiva umana con la tecnologia», ma sottolinea al contempo come non si possa parlare di sviluppo dell’Ia «solo come un fenomeno tecnologico, ma anche come un fenomeno sociale». «Le regole attuali del contratto sociale dell’Occidente diventano inadeguate rispetto allo sviluppo dell’Ia, non foss’altro per la distribuzione della ricchezza – osserva Soliano – . Il rischio enorme è che l’avvento dell’Ia porti a un’apertura molto maggiore della forbice delle diseguaglianze, bisogna quindi ripensare le regole del vivere comune. Occorre capire chi si accaparrerà i ricavi in arrivo dall’uso dell’Ia nell’ambito del marketing e della produzione, senza lasciare che tutto sia appannaggio di poche aziende, cercando anzi un meccanismo di ridistribuzione alla comunità».

Secondo Soliano, l’Ia act che il Parlamento Ue sarà chiamato a breve ad approvare va «nella direzione giusta, perché è necessario darsi delle regole, riflettere e mostrare ai cittadini la consapevolezza di rischi e potenzialità dell’Ia e lo sviluppo di una capacità critica su queste tecnologie». Il problema, aggiunge Soliano, è che in Europa «siamo bravissimi» a scrivere le regole, «ma non siamo quelli che costruiscono gli strumenti» così come spesso «imponiamo limiti alle nostre produzioni, importando però poi prodotti da Paesi che quelle regole non le rispettano». «Il dubbio – conclude Soliano – è su quanta credibilità a livello internazionale abbiamo come Europa su questi temi, emanando regole su tecnologia che viene poi realizzata in Cina o negli Usa, mentre mi sarebbe piaciuto vedere un Ia act sviluppato insieme a chi detiene le tecnologie di base». Certo è che l’Ia ha «delle potenzialità enormemente positive per certi versi, ma come tutti gli strumenti bisogna fare attenzione, perché può diventare un’arma a doppio taglio».

giovedì 22 febbraio 2024

Navalny, la macchina del fango sulla moglie: ecco come

@ - La macchina del fango sulla moglie di Navalny Amanti, comportamenti non verbali, strette di mano con leader stranieri: Yulia Navalnaya è nel mirino della propaganda russa, in questi giorni più che mai, nel tentativo di screditarla come nuovo volto dell'opposizione russa, a maggior ragione a ridosso delle presidenziali di marzo.

Alexei Navalny© Afp

Come riferisce nel dettaglio La Repubblica, alla cosiddetta "vedova allegra" sono stati affibbiati amanti che si sono presi la briga di smentire la relazione architettata ad arte. E' il caso del miliardario russo Evgenij Chichvarkin, esule in Gran Bretagna dal 2008 ma finanziatore dei progetti di Navalny.

Il nuovo ruolo di Yulia Navalnaya Yulia Navalnaya era solita evitare le telecamere, rimanendo in disparte, mentre suo marito, il leader dell'opposizione russa Alexei Navalny, diventava il più grande nemico del presidente Vladimir Putin. Ma dopo la sua morte in prigione, è salita su un palco normalmente riservato ai politici di alto livello a Monaco e ha giurato che Putin e i suoi alleati sarebbero stati assicurati alla giustizia. Successivamente ha giurato solennemente: "Continuerò il lavoro di Alexei Navalny".

Si trattava di una dichiarazione ambiziosa da parte di una donna che una volta disse in un'intervista all'edizione russa di Harper's Bazaar che il suo "compito chiave" era prendersi cura dei figli e della casa.

Il nuovo incarico di Yulia Navalnaya è invece ora quello di guidare l'opposizione russa attraverso uno dei periodi più bui e turbolenti della sua storia. L'opposizione è fratturata e la morte di Navalny le ha inferto un duro colpo.

La domanda, dunque, è se Navalnaya riuscirà a radunare le truppe di suo marito e a lavorare con altri gruppi di opposizione per lanciare una qualche sorta di sfida di successo a Putin, che è sulla buona strada per servire altri sei anni al Cremlino dopo le elezioni presidenziali di marzo.

Putin ha sempre più represso la libertà di parola e soffocato il dissenso in Russia, incarcerando oppositori e critici. Navalnaya ha esperienza nel tenere testa a Putin. Lei e Navalny erano sposati da più di 20 anni, e lei era al suo fianco mentre lo aiutava a guidare le più grandi proteste in Russia dal crollo dell'Unione Sovietica e nelle successive condanne al carcere.

Ha accusato Putin di aver ucciso suo marito, ipotesi che il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha respinto come "infondata" e "insolente". Il rischio per la vita di Navalny era stato "discusso ampiamente" con sua moglie e un team affiatato prima del ritorno di Alexei in Russia nel 2021 dalla Germania, dove aveva ricevuto cure per avvelenamento con un agente nervino, ha detto Vladimir Ashurkov, amico di lunga data dei Navalny e un co-fondatore della Fondazione anticorruzione di Navalny.

"E' stata una grande decisione" per Navalnaya continuare il lavoro di suo marito, ha aggiunto Ashurkov.

In coppia con Navalny, Yulia era "la roccia" su cui fare affidamento. "Avevano capito" che Navalnaya non sarebbe stata politicamente attiva e sarebbe rimasta fuori dai riflettori, ha detto Ashurkov. Navalny è tornato in Russia dalla Germania, spiegano gli analisti, perché sapeva che sarebbe stato difficile essere percepito come un legittimo leader dell’opposizione all’estero.

Ma oggi è improbabile che la vedova si rechi in Russia a causa di problemi di sicurezza: non le resta da capire come guidare l'organizzazione di suo marito dall'esilio.

La "vedova allegra". E' così che sui media e sui social media in Russia viene presentata Yulia Navalnaya, che alla morte del marito, l'oppositore anti-Putin Alexei Navalny, per prima ha puntato il dito contro Putin e che poi ha dichiarato di assumere l'eredità politica e di voler continuare la battaglia del consorte. Così fin dalle sue prime dichiarazioni si è scatenata la macchina del fango della propaganda russa: contro una donna che da due anni vive con i due figli in Europa, lontana dalla sua città natale, Mosca. Una pecca anche questa, per la figlia dello scienziato Boris Ambrosimov, classe 1976. Oltre al fatto che le vengano affibbiati amanti in serie. Fakenews che stuzzicano la morbosità popolare e che sono state regolarmente smontate dai diretti interessati.

giovedì 8 febbraio 2024

Pensioni, i giovani quando usciranno dal lavoro? E con quali requisiti? Ecco le nuove simulazioni

@L’accusa è della Cgil. I giovani, come tutti coloro che hanno versato il primo contributo dopo il primo gennaio del 1996, sono penalizzati con il sistema previdenziale contributivo, che prevede un accesso al pensionamento anticipato solo laddove si perfezioni un importo minimo di pensione.

L'Inps pagherà pensioni sempre più leggere ai giovani di oggi© - licenza temporanea -

E sono gli stessi giovani che si trovano oggi a essere penalizzati da pesanti perdite del potere d'acquisto.

Il contributivo
Nel dettaglio, per chi ha iniziato a versare i contributi dopo il primo gennaio 1996, ricorda il sindacato, «il nostro sistema previdenziale contributivo prevede un accesso al pensionamento anticipato solo laddove si perfezioni un importo minimo di pensione, e il combinato disposto dell’andamento di crescita dei salari, che aumentano sempre meno, e delle scelte dell’esecutivo sull’innalzamento dell’asticella per la pensione anticipata a 3 volte l’importo dell’assegno sociale, ha come effetto di rendere quest’ultima praticamente impossibile per i giovani».

Le simulazioni
Il nodo è il cambio del requisito di accesso alla pensione anticipata, evidenzia il responsabile Previdenza della Cgil, Ezio Cigna, «con 64 anni di età e almeno 20 di contributi, a 3 volte l’importo dell’assegno sociale. Dal primo gennaio di quest’anno i requisiti di accesso a 64 anni cambiano radicalmente». Se dunque nel 2022 bastavano 1.309,42 euro per accedere al pensionamento anticipato, adesso ne serviranno 1.603,23, con una differenza nel biennio pari a 293,81 euro, il 22,4% in più. Questo avviene anche grazie alla rivalutazione delle pensioni rispetto all’inflazione.

I contributi
Lo studio dell’Ufficio previdenza della Cgil si è chiesto quanti contributi sarebbero necessari per determinare un aumento della pensione contributiva di 293,81 euro. «Considerando il coefficiente di trasformazione in vigore attualmente a 64 anni pari a 5,184 abbiamo calcolato che sarebbero necessari 74.000 euro di contributi. Considerando l’aliquota previdenziale al 33%, per accantonare tale importo di contributi bisognerebbe avere retribuzioni per 224.500 euro. Per perfezionare il nuovo requisito, dal 2024 almeno 3 volte l’assegno sociale, pari a 1.603,23 euro, bisognerà quindi raggiungere un montante contributivo pari a 402.500 euro, una cifra impossibile per la maggioranza dei giovani», sottolinea.

Il metodo
«Ricordiamo», ha aggiunto il sindacato, «che il metodo contributivo si basa su criteri di rigida “neutralità attuariale” fra i contributi pagati durante l’intera carriera e le prestazioni che si riceveranno da anziani», prosegue Ezio Cigna, «garantendo uniformità dei rendimenti sui contributi versati, indipendentemente dalla storia lavorativa. Ma l’equità e la neutralità, da molti confuse nel sistema contributivo, non tengono assolutamente conto di qualsiasi forma di solidarietà o redistribuzione, anzi, considerando l’impianto attuale vi è il rischio concreto che i più deboli e fragili nel mercato del lavoro, faranno solidarietà a coloro che hanno magari lavorato meno ma con alti salari».